Costituzione e Resistenza: le iniziative dedicate a Don Lorenzo Milani

9 aprile 2021

Barbiana è luogo di silenzio e riflessione dove approfondire il messaggio civile, religioso e pedagogico del pensiero e dell’opera di don Milani. Ancora oggi un luogo non luogo, piccolo, senza agi, fuori dal tempo, lontano dal consumismo veloce ma con radici profonde in valori secolari. Lassù si percepisce che quei grandi ideali, con al centro l’essere umano, la sua dignità ed emancipazione, sono sbocciati da fatiche, sofferenze, lotte, marginalità, ma anche da costruzione di ponti, solidarietà, fede cristallina e scuola che forma al pensiero critico. 

Si arriva a Barbiana a piedi attraverso una mulattiera nel bosco, che fu la strada percorsa da don Lorenzo il primo giorno che vi giunse. Qui, promosso e realizzato dalla Fondazione Don Lorenzo Milani, nel 2011 è stato inaugurato il Percorso della Costituzione alla presenza di Ugo De Siervo presidente emerito della Corte Costituzionale. Lungo questo cammino che si inerpica per circa un chilometro tra faggi e querceti sono esposti oltre 50 cartelli disegnati dalle scolaresche di diverse parti d’Italia, che illustrano i contenuti dei fondamentali articoli della nostra Costituzione. E’ un libro di strada; difatti lungo il tratto di strada nel bosco che fece don Lorenzo Milani la prima volta che arrivò a Barbiana, sono stati posti questi grandi pannelli che salgono fino alla scuola. Ogni pannello contiene un articolo della Costituzione Italiana realizzato dai ragazzi di diverse scuole d’Italia che hanno collaborato con la Fondazione.

È agli essenziali messaggi di fratellanza, uguaglianza e giustizia del Vangelo a cui il Priore rimane sempre fedele e agli articoli costituzionali che si è ispirata la sua azione educativa. Un’azione finalizzata a far crescere i ragazzi come cittadini sovrani, consapevoli dei propri diritti e doveri, corresponsabili nei confronti della società umana e delle sorti del mondo di cui fanno parte. Questa giovane Costituzione è alla base della nostra democrazia e contiene tutto quello che è necessario per attuare e concretizzare i diritti di libertà, fraternità, eguaglianza e giustizia sociale. Per questo deve essere costantemente difesa da chi non riconosce il suo valore di civiltà e deve impegnare tutti a metterla in pratica. La Costituzione non è una semplice carte scritta una volta per tutte, ma una pianta fragile e vitale, bella che ognuno di noi deve difendere e annaffiare, perché dentro ci trova passato, presente e futuro. Non declina diritti “concessi” da qualche illuminato potere particolare, ma rappresenta la conquista di un popolo che ha combattuto contro chi aveva ridotto l’Europa a violenza, privazioni e barbarie. È frutto del sacrificio di tanti e tante giovani che hanno lottato, anche perdendo le loro vite, per ristabilire diritti di civiltà e umanità.

Lo studio della Costituzione era costantemente presente nell’insegnamento di don Lorenzo Milani. Se ne trovano ampi riferimenti in Esperienze pastorali, nella Lettera ai cappellani militari e in quella ai giudici, in Lettera a una professoressa e nelle lettere postume. Molti grafici elaborati dalla scuola di Barbiana e oggi esposti nel Percorso didattico, realizzato dalla Fondazione Don Lorenzo Milani nei locali dove i ragazzi si sono formati, testimoniano la passione con cui quella scuola approfondiva i valori costituzionali, come il diritto al voto, la storia del Parlamento dal 1921 al 1968, l’iniquità fiscale, la piramide sulla selezione scolastica, il diritto al lavoro. Una scuola, quella di Barbiana, che indicava al ragazzo sempre obiettivi alti che traevano origine dal Vangelo, dalla dottrina sociale della chiesa e dalla Costituzione, adeguandoli costantemente alla realtà presente. 

Per questo riflettere sul valore della Costituzione ci induce a riflettere sul valore della Vecchia e Nuova Resistenza. Con queste finalità la Fondazione Don Lorenzo Milani, sempre su idea di Michele Gesualdi ha deciso di realizzare, parallelamente al Percorso della Costituzione, il Sentiero della Resistenza in un dialogo attuale e incessante. Un itinerario che parte dal cippo a ricordo dell’eccidio di Padulivo, frazioncina di Vicchio, e si conclude sul Monte Giovi dove si riunirono diverse brigate partigiane dell’area fiorentina. 

Il Sentiero della Resistenza che la FDLM ha progettato, grazie ad una convenzione con la Presidenza del consiglio dei Ministri e la Struttura di Missione degli Anniversari di interesse nazionale, inizia proprio dal luogo dove avvenne una brutale strage nazifascista in cui furono giustiziati 15 civili, per lo più contadini. Il primo dei pannelli richiama la presa di posizione di don Milani contro il comunicato stampa dei Cappellani militari in congedo che, nel ’65, definirono l’obiezione di coscienza espressione di viltà. In quell’occasione il Priore, dopo averne ampiamente discusso con i suoi ragazzi, inviò ai quotidiani una lettera pubblica di contrarietà ai Cappellani, in cui, dopo averle passate in rassegna, giudicava ingiuste tutte le guerre che l’Italia aveva compiuto negli ultimi 100 anni, sulla base degli articoli 11 e 52 della Costituzione. Tranne «una “giusta” (se guerra giusta esiste)», scrisse. «L’unica che non fosse offesa alle altrui Patrie, ma una difesa della nostra: la guerra partigiana». Il Sentiero si compone di 33 pannelli con un testo, accompagnato da disegni o fotografie. Le illustrazioni sono per lo più opera di studentesse e studenti dell’Accademia di Belle Arti di Firenze, ma anche di alcune classi dell’Istituto Comprensivo di Vicchio o di scuole della provincia di Trento, e sono state realizzate a seguito di un’approfondita analisi con i loro docenti sui contenuti delle lettere dei condannati a morte e il relativo periodo storico. 

I pannelli si succedono lungo la strada che da Padulivo conduce a Barbiana, ospitando (dal 2 al 29) stralci delle lettere dei condannati a morte della Resistenza locale, nazionale ed europea e danno voce ai protagonisti di quella lotta appartenenti a ogni classe sociale: militari, studenti, preti, intellettuali, civili. Sono scritti toccanti e profondi di donne e uomini spesso poco più che ventenni che amano la vita e hanno deciso di perderla per ridonarla ad altri. 

Fino alla chiesa di Barbiana i pannelli della Resistenza colloquiano con quelli della Costituzione. Seguono due brevi riflessioni di padre Turoldo e padre Balducci, confratelli di don Milani, sul valore “perenne” della Resistenza che va oltre il fatto storico, per cui diventa dovere morale opporsi ogni volta che i valori universali vengono calpestati. Le Lettere dei condannati a morte della Resistenza vanno lette come uno dei grandi documenti della Storia dell’Umanità. Continuando lungo il cammino, si scoprono vicende e variegate biografie: con testi e personaggi scelti per diversità del contenuto, differente provenienza sociale e geografica, età, genere e per le molteplici motivazioni del loro schierarsi contro i nazifascisti o per il pluralismo politico delle forze in campo.

Un brano del pastore luterano Bonhoeffer (p. 22), giustiziato per aver partecipato al complotto anti-hitleriano, sottolinea come l’obbedienza a un ordine non sia affatto una virtù. Oltre che denunciare la drammatica responsabilità storica di gran parte del mondo tedesco, il testo ci introduce a un gruppo di pannelli dedicati alla Resistenza europea. Si arriva così al termine del Percorso della Costituzione, in prossimità della chiesa e della canonica, dove si trova anche il pannello 30 con uno stralcio dal manifesto di Ventotene: la prima tappa di un processo storico che approda a organismi sovranazionali in grado di risolvere i conflitti pacificamente. Il Sentiero della Resistenza, invece, prosegue fino in cima al Monte Giovi, dove gli ultimi 3 pannelli (31-33) ricordano le formazioni partigiane che su quel crinale si formarono e agirono, nonché il ruolo che svolsero in Mugello e per la liberazione di Firenze. Il pensiero, infine, va alle nuove generazioni e alle scolaresche che, percorrendo questo sentiero, possano trovare spunti di riflessione sulla necessità di far tesoro della memoria di chi ha lottato per la libertà e la dignità di ogni essere umano, con la speranza che possano impegnarsi per salvaguardare sempre queste conquiste. Che resistono finché ci sono uomini e donne disposti a difenderle.

La Resistenza fu un fenomeno internazionale, ma profondamente radicata nelle realtà dei singoli territori, dove ci furono molti caduti tra i cittadini e le cittadine. 

A Padulivo si consumò, nel luglio 1944, una delle più efferate rappresaglie di civili compiute dalle truppe tedesche in ritirata. Furono fucilate 15 persone che qua vivevano, il più giovane era un ragazzo di 16 anni, il più grande un uomo di 59. Il cippo che la ricorda fu innalzato, nel ‘45, da Ernesto Galardi, padre e zio di due delle vittime innocenti. 

Un Paese civile si qualifica, fra le altre caratteristiche essenziali, per la rispondenza al dovere della memoria. È su questo che si fondano non solo i nostri sentimenti, ma anche le nostre conoscenze e i nostri impegni per il presente e per il futuro.
Questo nostro “bel Paese” è, purtroppo, caratterizzato da una notevole mancanza di rispetto proprio di questo particolare dovere. Così, la storia, soprattutto la più recente e la più significativa, viene praticamente ignorata nella scuola e spesso nelle stesse istituzioni. E forse c’è una responsabilità collettiva, ma anche di ognuno di noi, per non averla sufficientemente coltivata, per non aver tratto da essa, in troppe occasioni, il senso del presente e l’impegno per il futuro. 

Questo ragionamento vale particolarmente per la Resistenza, che è stata sostanzialmente il riscatto di un popolo, che ha deciso di prendere in mano il proprio destino e conquistare - con le armi e senza - un futuro di libertà, di democrazia, di eguaglianza e di pace. Parlo di popolo perché - se è vero che non tutto il popolo ha partecipato alla Resistenza, restando in buona parte assente o indifferente - è altrettanto certo che tutte le categorie del popolo vi sono state rappresentate, perché c’erano gli operai, ma c’erano anche gli intellettuali, c’erano i contadini e c’erano anche i sacerdoti, c’erano gli uomini, ma c’erano (e in un ruolo tutt’altro che secondario) le donne, e così via. 

Non è un caso se, nelle prime elezioni politiche - quelle che il 2 giugno 1946 eleggono i deputati dell’Assemblea Costituente, oltre che sancire nel referendum la vittoria della Repubblica su una monarchia screditata e disprezzata - l’insieme dei partiti antifascisti che hanno combattuto nella Resistenza ottengono l’80% dei voti, legittimando così il lavoro che condurrà, di lì a poco, alla scrittura e all’approvazione della Costituzione. 

Il soggetto che deve dare di più, in questo caso, è la scuola. È un diritto che trova una precisa fonte costituzionale. Quella di Barbiana non si ferma a insegnare l’eliminazione delle diseguaglianze di fatto, ma va oltre l’equilibrio di opportunità, perchè c’è anche un problema di contenuti.Per favorire il pieno diritto di eguaglianza per don Lorenzo non bastava un qualsiasi tipo di scuola. Occorreva una scuola nuova, diversa, che fosse in grado di riscattare gli ultimi, di dare forza ai deboli e voce ai senza voce offrendo loro gli strumenti per farlo. Riconosce cioè alla scuola il nobile compito della presa in carico dei problemi della vita e la capacità di costruire il cittadino consapevole del domani.
Forse, in conclusione, non è del tutto azzardato affermare che, in modo esplicito o implicito, molte prese di posizioni o riflessioni di don Lorenzo Milani e della sua atipica scuola, indicano, non solo quanto rimasto inapplicato dei valori costituzionali, ma anche i punti da rafforzare in caso di revisione della Carta stessa.

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